Dolore camminava lento per il mondo.
Posava i suoi piedi sull’erba tenera e sprofondava nelle pozzanghere di fango.
Era illuminato dai raggi del sole e bagnato dalle gocce di pioggia.
A volte si sedeva stanco, in cima a un monte a osservare il mondo.
Da lì scorgeva lo scorrere inesorabile del tempo, le gioie e gli affanni umani.
Sospirava Dolore, alzandosi per tornare a camminare.
Dolore era nero come la pece e freddo come la neve impalpabile che, mentre cade,
non sembra gelare ma presto penetra nelle ossa.
Dolore camminava stanco e senza sosta.
Vagava per il mondo da sempre, avvertendo, di tanto in tanto, i lamenti degli uomini.
Erano il sottofondo della sua esistenza.
Dolore era stato percosso, in passato, da quelle voci, fino a quando ne era diventato saturo, sprofondando nel vuoto.
Si domandò se potesse smettere di camminare per il mondo.
Si interrogò sul destino degli uomini, senza la sua esistenza.
E, sentendosi stanco, decise di fermarsi.
Chinò la testa, si coprì il volto, divenne nero ancor più della pece.
Il mondo fuori si ovattò, cadde la neve e tutto si cristallizzò.
Rimase lì Dolore, ripiegato su se stesso, lontano e immune dal mondo, trattenuto dal suo nero.